“Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
come sono ite, e come se ne vanno
di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
udir come le schiatte si disfanno
non ti parrà nova cosa né forte,
poscia che le cittadi termine (non) hanno”
(Dante, Paradiso XVI, 73-78)
Poscia che le cittadi termine non hanno....
Nell’uso comune l’espressione “Città Infinite” è legata alla fusione delle grandi metropoli che sempre più velocemente stanno formando immensi agglomerati urbani con un’estensione di centinaia di chilometri, vere e proprie mega-città con decine di milioni di abitanti. Nei prossimi cinquant’anni il 70% della popolazione mondiale vivrà in “città continue” di questo tipo, estese su superfici sempre maggiori di territorio in ogni continente con un grande impatto ambientale.
L’accostamento delle parole “città” e “infinito” rivela però altri significati evocando non solo una condizione spaziale, bensì temporale: la città non si estende soltanto in superficie, sul piano dell’orizzonte, ma è percorsa anche da una dimensione verticale che si protrae nello spazio fisico e nel tempo.
Esiste un filo invisibile che attraversa le città (come la stessa esistenza umana) e tale segno si dispiega nelle stratificazioni storiche attraverso cui l’organismo urbano si è evoluto, nel volto del tessuto architettonico contrassegnato dalle più diverse forme ed espressioni, nelle tracce più o meno vivide lasciate dagli uomini in virtù delle loro idee, sentimenti e azioni.
Il patrimonio culturale, inteso nel senso più ampio del termine, può essere paragonato al contenitore di quella dimensione verticale e racchiude la testimonianza del tempo, ponendosi quale termine di confronto tra il passato, il momento presente e ogni progetto futuro. Non a caso il termine “patrimonio culturale” richiama la presenza delle radici da cui ogni cosa trae alimento per la sua crescita; è la presenza di questo humus vitale, nascosto e invisibile, a condizionare le diverse forme di sviluppo della vita apparente.
La consapevolezza della sola esistenza di questa dimensione è sufficiente per porre l’uomo contemporaneo di fronte alla realtà e soprattutto a se stesso, con una diversa attenzione, con nuove possibilità d’interpretazione, non limitate alle sole costruzioni della ragione e alla volontà di dominio su ogni cosa.
“Città Infinita” assume allora un altro significato, diventa il simbolo di una nuova responsabilità, della capacità di accedere a un livello di comprensione maggiore, non limitandosi al piano superficiale della realtà, degli interessi immediati, ma proiettandosi verso nuovi orizzonti. Questo compito è una promessa e un impegno che deve essere sempre presente come un faro nell’attività dell’Associazione Città Infinite.
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà, se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne: il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno che ci circonda e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio. (Italo Calvino, Le Città Invisibili)